Sting: My Songs Tour

Jul
14
2023
Rome, IT
Auditorium Parco Della Musica
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Sting, brani cult e note di nostalgia: l’Englishman seduce Roma. Sul palco anche il figlio Joe Sumner…


Quelli che, alla fine degli Anni Settanta, hanno visto nascere - ed esplodere - il fenomeno Police, con Roxanne. E quelli che, invece, negli Ottanta, lo hanno conosciuto come solista, con If You Love Somebody Set Them Free e Nothing Like the Sun. Quanti lo hanno “scoperto” nei Novanta, con la rilettura di Demolition Man, o nel Duemila, con Desert Rose. E i tanti – forse la gran parte - che non rammentano quando e come hanno sentito la sua musica per la prima volta, ma oggi sanno e cantano tutti i brani a memoria, come fossero i loro. È stata una platea varia per età, storia, anche gusti, ad accogliere, forse sarebbe meglio dire celebrare, Sting, ieri, nella Capitale, con il live My Songs, alla cavea dell’Auditorium Parco della Musica – l’ultima volta aveva suonato qui cinque anni fa - nell’ambito del Roma Summer Fest.


Brano dopo brano, quasi in un sonoro “dot to dot”, il gioco di unire i puntini, Sting, accompagnato dalla sua band, ha selezionato alcuni dei successi che hanno segnato il suo percorso e - a giudicare dai testi gridati a tutta voce dai presenti - anche la vita di molti altri. Sì perché le sue canzoni, sottolineate tali già nel titolo, tra sentimento, ricordi e volontà di rinnovarle e trasformarle, si sono rivelate patrimonio collettivo, tasselli di una memoria sonora – ed emotiva – condivisa, capace di risvegliare o accendere emozioni forti. Eccoli allora i nostalgici commossi sin dalle prime note di Messagge in a Bottle. E i puristi pronti a storcere un poco il naso, ascoltando lievi variazioni in alcuni passaggi musicali, come se la rilettura, pur autoriale, fosse un tradimento. Poi gli amanti della buona musica, entusiasti sulle note di Englishman in New York, i cultori, animati dal dibattito su Mad About You, ricordandone la versione italiana, Muoio per te - qui canta con Giordana Angi in Amore - e Fields of Gold, di cui Sting registrò anche una versione con i Muvrini, gruppo musicale di lingua corsa. Perfino i curiosi, desiderosi di sentirlo dal vivo, e quelli dell’«io c’ero» che ai grandi eventi non mancano mai, pronti, cellulare alla mano, a pubblicare sui social una storia con Every Breath You Take come colonna sonora.


Più o meno cresciuto, ma sempre entusiasta, il suo pubblico era lì. E Sting, quell’englishman che si è creato ad arte – perfino in famiglia lo chiamano così, “dimenticando” il vero nome, Gordon Matthew Thomas Sumner – si è rivelato il ragazzo di sempre: voce delicata, sonorità che sfiorano la pelle e toccano l’anima, sorriso un po’ sornione di chi ha vinto la sfida con il tempo che passa e, soprattutto con le mode che travolgono. Lo sa bene lui che, con l’aria da Peter Pan - stessa magia ma meno ingenuità - ama giocare, tanto da aver ribadito di voler continuare a fare musica come fa, alla sua età, Mick Jagger, che di anni ne ha solo qualcuno in più.


Poco importa che ad aprire il concerto sia suo figlio Joe Sumner, classe 1976 – leader dei Fiction Plane, accostatosi alla musica, conquistato da Nevermind dei Nirvana e ora in scena sulle sue orme – il più “giovane” della serata è sempre Sting, con le sue radici punk, lo spirito rock, le malinconie che si fanno pop ballad e qualche “vertigine” jazz. Il resto è show, letteralmente. Dinamico, effervescente, ribelle e seduttivo, capace di far balzare tutti in piedi suonando So Lonely o di infiammare animi e memorie con la sensualità da tango di Roxanne. E di far scendere qualche lacrima, con il pensiero al conflitto in Ucraina e alle guerre di ogni tempo, suonando Fragile. Non è solo questione di testi, a giudicare dalle reazioni della platea. A farsi brivido e scossa è una partitura di emozioni di ieri e dell’attimo, la colonna sonora rock-romantica di una notte stellata, in un corteggiamento a più voci, dove Sting è un irresistibile Cyrano. Perciò, quando canta If it’s love - «Se è amore, devi arrenderti», recita il testo - il pubblico si abbandona, vinto, cancellando ogni «se».


(c) Il Messaggero

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